16 May 2012

Tom Waits [era: Serendipity]

Si' si' Vinicio lo so...(ti piace Singapore? fa molto Vinicio per me).
E I'll be gone?
Bello, bello, mi piace che il discorso prosegua.
No, non conoscevo entrambe le tue ultime segnalazioni: le aggiungo di buon grado alla mia playlist degli originali di Tom Waits: sinceramente non le avrei dette molto Capossela, ma mi piacciono (ormai sto imparando ad apprezzare Tom Waits anche al primo ascolto...).
Permettimi però di cogliere l'occasione per ritornare sulle mie tesi, ché continuo a restare della mia opinione.
Prendiamo proprio la Singapore che citi: ci sono diverse linee strumentali più o meno melodiche che si parlano, ma nessuna di esse costituisce l'ossatura portante del pezzo, il suo "basso continuo" (o almeno io faccio una fatica enorme a sentirla, solo qua e là, a sprazzi...). Anche perché spesso il loro gioco è quasi di dissonanza, di tensioni sospese... c'è solo un momento, quando entra una voce di tromba — mi pare sia una tromba — in primo piano, che un briciolo di armonia sembra rischiarare le tenebre del pezzo, ma, appunto, dura poco.
La voce di Tom Waits, poi, in questo pezzo, è davvero completamente neutra dal punto di vista musicale: non traccia nessuna linea, ogni tanto si appoggia su una nota e si tiene lì fino a al momento di risolvere su un'altra, ma il più delle volte si limita ad esprimere la sonorità della metrica delle parole e il ritmo della loro recitazione: sapresti "canticchiare" questa canzone? No, non è possibile, non esiste alcuna canzone in un senso proprio del termine.
Adesso concedimi un po' della tua pazienza e prendi questa cover di tali Blue Flags and Black Grass. Qui ci hanno messo, belli chiari chiari, gli accordi: come la base MIDI di un corso di chitarra per corrispondenza (elettronica) in cui devono rendere in maniera didascalica la struttura armonica del pezzo.
Oppure — pazienta ancora — prendi quest'altra cover di tali Asheville Waits Band: qui, oltre agli accordi, si sente, bella chiara e protagonista, una possibile linea di basso del pezzo.
Infine — e lasciamelo dire subito: questa cover proprio non mi piace e sono stato combattuto a lungo nel citarla per non irritarti, ma mi serve per chiarire il senso del mio discorso — prendi la cover di tal Anna Madorsky: qui invece abbiamo una (mediocre) linea melodica principale.
Ora, ti prego di non fraintendermi: la grandezza (va bene, va bene: uno degli elementi di grandezza) di Tom Waits è proprio il suo lasciare che tutte queste cose (la struttura armonica, l'ossatura di basso, una linea principale del pezzo...) restino in sospeso, siano solo suggerite, debbano essere "immaginate", come l'infinito dietro l'ermo colle, dall'orecchio dell'ascoltatore. Come un piacevole ricordo: vago e indefinito.
Il mio punto, come dicevo sin dall'inizio, è che tale grandezza può essere difficile da cogliere, o almeno che lo è stato per me tempo fa. Nel mio percorso è stato propedeutico l'ascolto di alcune cover che hanno provato a giocare, a mio modestissimo parere con un certo successo, con l'input originale di Tom Waits. Perché chiaramente la linea melodica la Madorsky se l'è letteralmente inventata, pagandone tutto il prezzo. Così come la linea di basso degli Asheville rappresenta anch'essa una loro personalissima interpretazione, con un esito questa volta decisamente più gradevole.

7 comments:

Franco said...

Ma guarda mi va strabene che ti si avvicinato tramite ecc.ecc. non c'e' niente di male. Non mi devi convincere. Nel caso specifico di Singapore, boh, non so che dire: direi che c'e' la linea armonica e tutto quanto, e si' ci son tanti strumenti e non un basso o una chitarra e basta a cui aggrapparti mentre ascolti, pero' direi che si sente...magari ci troveremo un di' ad ascoltarla insieme, e' che adesso mi sembra assurdo starsene a scrivere "senti a 1:15 quando entra la chitarra" e simili per giorni e giorni.

hronir said...

Sì, sì, hai ragione: e del resto anch'io l'avevo detto sin dal primo post su Tom Waits: la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole: se certa musica non ti piace, è difficile appassionartici, soprattutto per iscritto.

Franco said...

Hang On St. Cristopher?

hronir said...

Uhm... diciamo che questo non è il mio genere di Tom Waits...

Danilo Avi said...

Ti dirò, ero passato, ai tempi del tuo commento per il Carnevale, sul tuo blog, ma parlavi di cose di cui non so niente. Adesso, complice il tuo bentornato, son ripassato di lì e, beh, sono contrario all’ipotesi di Gould dell’evoluzione a più livelli, concordo sull’inapplicabilità della kin-selection per spiegare l’eusocialità, ho la mia opinione su cosa sia _ciò_ che evolve, e… trovo che gli arrangiamenti di Waits ricordino, nello spirito, quelli di Bowie, ad esempio Heroes. Un onda lunga e profonda su cui la linea vocale galleggia come un turacciolo.

hronir said...

Benvenuto da queste parti.
Però non vale buttare lì delle tesi senza nemmeno spiegarle un po': cosa sarebbe _ciò_ che evolve, ad un solo livello? Va bene anche un link, se ne hai già parlato da qualche altra parte...

Non sono un grande conoscitore di Bowie, mi sono ri-ascoltato Heroes e credo di capire cosa intendi. Con la differenza (non sto facendo il pignolo solo per difendere la mia tesi, sto soltanto provando a continuare a parlare un po' di musica) che l'onda lunga della "base" dell'arrangiamento di Bowie fa, per così dire, da bordone, fornendo precisamente l'ossatura armonica su cui, sì, certo, Bowie si muove galleggiando senza una "banale" linea melodica. Il mio punto è che addirittura Tow Waits galleggia, come dire, nel vuoto.

A proposito di cover, conosci quella dei Quintorigo?

Danilo Avi said...

Ciò che evolve deve avere tre caratteristiche. Primo, deve esistere, secondo deve mantenere un’identità attraverso il tempo, terzo deve cambiare. Entità come specie, genere, famiglia e così via non esistono nella realtà, ma sono definibili solo arbitrariamente, perciò (e per altri motivi) le escluderei. L’individuo, o il gene, non hanno una continuità individuale nel tempo. L’individuo muore, il gene scompare oppure diventa un altro gene e non è più se stesso. Perciò li escluderei. (E’ da notare che ciò che evolve è ente diverso da ciò che viene selezionato, in quanto la selezione è sempre negativa, taglia e basta. Quindi l’individuo o il gene possono essere ciò che viene selezionato, ma non ciò che evolve). Direi che l’unico che può ambire al titolo è la popolazione, intesa come insieme di individui fra cui c’è scambio genico. Ancora meglio, il pool allelico della popolazione. Esiste, attraversa il tempo mantenendo una propria individualità, ma cambia mano a mano.