03 February 2013

Democrazia /3

Riprendo con questo post la discussione nei commenti al post precedente, riportando in particolare il mio personale percorso di lettura come risposta alla richiesta di Cristian di una possibile bibliografia d'attacco alle tematiche libertarie.
 
Essenzialmente ci sono due fronti su cui ci si può affacciare al tema: quello economico, da una parte, e dall'altra quello più propriamente etico e politico.
 
Sul fronte economico io sono partito con l'Economics for Real People di Callahan (se hai un ebook-reader, c'è anche una versione in PDF messa a disposizione dal Mises Institute), ed è stato in discesa sin dall'inizio. L'economia, secondo me, non è un fronte "caldo", non ci sono grossi pregiudizi da abbattere, c'è solo il grande vuoto di uno schema interpretativo coerente, capace di inquadrare quelli che altrimenti restano tanti modellini matematici più o meno scorrelati. La scuola austriaca provvede precisamente a questo, e il libro di Callahan ne costituisce una semplice introduzione, estremamente didattica. Proprio poco prima di Callahan avevo letto L'economista mascherato di Tim Harford — su suggerimento di Bressanini — e l'avevo trovato molto bello, esattamente come dice Dario. Ma dopo aver letto Callahan ti accorgi della differenza siderale: da una parte L'economista mascherato non ti lascia niente se non una serie di aneddoti e di spiegazioni di qualche meccanismo peraltro molto interessante (uno per tutti, il self pricing); dall'altra Callahan ti lascia uno schema interpretativo: la stessa differenza che c'è fra il donare pesci e l'insegnare a pescare.
 
L'altro fronte è senza dubbio il più delicato, e intraprenderlo sarà certamente un'esperienza tormentata (per questo il mio consiglio è comunque quello di partire con Callahan). Il problema, per quel che mi riguarda, è duplice: sia in astratto (la prospettiva è profondamente stravolta, i luoghi comuni da abbattere sono tanti e così radicati da non riuscire spesso nemmeno a riconoscerli come tali) che in concreto (non ho da suggerirti testi cristallini, con tesi condivisibili al 100% esposte con argomentazioni semplici e lineari).
I libri che hanno fatto seguito a Callahan sono quelli di Rothbard, L'etica della libertà e Per una nuova libertà, e quello di David Friedman L'ingranaggio della libertà (li ho tutti letti in prestito, ma di quest'ultimo di Friedman ne ho una copia che posso prestarti molto volentieri).
L'atteggiamento da mantenere è un po' quello di prepararsi ad assistere ad un attacco di sfondamento, mettendo in conto tutta la sua rozzezza. In particolare non dovrai pensare di trovarti davanti a dei trattati scientifici (né tantomeno al credo di una religione) con l'idea che si debba necessariamente accettare tutto in blocco e che dunque sia sufficiente il primo disaccordo per poter buttare all'aria tutto quanto.
Non lo ripeterò mai abbastanza: sono libri da costringersi con la forza a proseguire nella lettura; a partire dallo stile: sono opere scritte più di 30-40 anni fa, e certamente è un aspetto che si fa sentire. Ma anche nel merito delle questioni, spesso avrei da ridire — ancora adesso — sia sui metodi che sulle tesi. Tanto per dire: tutta la prima parte sul diritto naturale nelL'etica della libertà è piena, secondo me, di molte ingenuità a livello filosofico nella difesa del giusnaturalismo: anche qui, come in economia, partivo come una tabula rasa e ho dovuto integrare quei capitoli con le pagine di wikipedia sul positivismo giuridico (e lunghissime chiacchierate col mio amico-mentore) per inquadrare meglio il dibattito sul diritto e scoprire (molto, molto dopo) che sì, la posizione giusnaturalista, in fondo, è la mia, anche se certamente non per le ragioni descritte da Rothbard.
Ancora, non ricordo bene dove, Rothbard mantiene una posizione a difesa del diritto d'autore che non mi convince affatto.
E insomma, come dicevo, al di là delle varie tesi che si incontrano nel percorso, l'importanza di questi saggi è nell'usarli come arieti rispetto ai pregiudizi della "religione-stato" di cui non siamo nemmeno consapevoli di essere adepti. La loro importanza risiede soprattutto nel fatto che in essi vengono delineati degli scenari sociali che non devono necessariamente essere presi come l'unica alternativa ad una società democratica, ma che vanno considerati come la semplice dimostrazione che lo Stato non è l'unica possibilità: mi riferisco a tutte quelle cose — polizia, tribunali, giustizia, leggi — che non siamo nemmeno in grado di concepire senza uno Stato (o un dittatore). E l'effetto dirompente di queste letture non è tanto nel presentarci, in astratto, un concetto di diritto svincolato dall'istituzione statale, quanto proprio quello di mostrarci, concretamente, come potrebbe configurarsi, in maniera del tutto plausibile e consistente, una società in cui convivono diversi tribunali, diverse corti di giustizia, diversi copri di polizia, o agenzie di sicurezza, capaci non solo di catalizzare una convivenza sociale pacifica e una pacifica risoluzione dei conflitti, ma addirittura di offrire una di gran lunga maggiore (rispetto al caso democratico) garanzia per quei "deboli" di cui tanto spesso lo Stato si presenta, con grande illusione, come unico possibile difensore.

5 comments:

Edo said...

Ciao Enzino,

sono veramente ansioso di poter sfondare questi luoghi comuni che mi intrappolano la mente, ma come in altri tuoi post --non so pero' se e' questo il tuo tentativo-- non fai altro che fare il profeta.

Addirittura citi libri che ti aprono gli occhi sulla verita'... traspare quasi una visione religiosa! (uso quest'argomento proprio per pungerti sul vivo)

Insomma, la democrazia fa schifo ma questa visione del mondo libertaria non ho ancora capito come sia.

Edo

hronir said...

Questo thread in realtà era nel solco destruens, la pars construens è più difficile da compendiare in qualche post: qui sopra suggerisco appunto possibili letture d'attacco, e del resto ti avevo già suggerito a suo tempo il Callahan come introduzione alla scuola austriaca, hai cominciato?

In realtà quel che si scopre, a proposito di religioni, è esattamente il contrario, e cioè che questo credo implicito nella democrazia e nello Stato ha precisamente tutte le caratteristiche di una fede "laica": la scoperta del libertarismo ha fortissime analogie con l'approdo all'ateismo come liberazione dai paraocchi della religione.

Edo said...

Troppo facile distruggere...

Maurizio Manetti said...

Trovo infatti anche nell'ateismo tante caratteristiche di una religione... per questo smisi di frequentare il circolo UAAR di Firenze dopo solo due incontri.
Comunque anche io di questo libertarismo non ci ho capito nulla e al momento non ho proprio tempo di recuperare :(

hronir said...

Eh, cosa credi, ti capisco, sai?
In astratto è facile: non si devono trasferire i problemi dell'UAAR all'ateismo; in realtà mi rendo ben conto che se gli unici che ti hanno parlato della non esistenza di Dio sono dei fanatici, ti resti addosso molta resistenza ad abbandonare il concetto di Dio.
Fra i libertari, poi, la quota di fanatici è enorme: come mi era già capitato di scrivere, le loro critiche radicali agli stati, e quindi "all'ordine mondiale", costituiscono una specie di carta moschicida capace di attrarre, o quantomeno di lasciarsi assimilare a, una miriade di movimenti complottisti, sciachimicisti, etc, etc...
Purtroppo non posso farci molto, se non cercare di mantenere il più possibile le distanze e provare ad argomentare il più gradualmente possibile.
Questo thread sulla democrazia voleva essere proprio un tentativo di questo tipo: mettere in luce le loro grandi contraddizioni rappresenta un primo, piccolo passo per scrollarsi di dosso i dogmi dello statalismo.
Inoltre, l'introduzione di Callahan che citavo non mi sembra affatto fanatica e rappresenta un buon punto di partenza.
Non disperare, il tempo per recuperare arriverà, pian piano.