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26 November 2020

Torniamo ai blog?

Urca, sono più passati più di due anni dall'ultimo post qui!
Visto quello che sta succedendo su Internet, sarà il caso di rispolverare i cari e vecchi blog?
(Non ridete, scommeterei anch'io che non durerà a lungo, ho già preso altre volta, invano, questo impegno... cosa c'è di diverso ora?)
(E so bene anche che allentare la presenza su Twitter o Facebook per venire qui su un'altra piattaforma non self-hosted non è che sia un grande passo in avanti. Ma, diciamo che, a costi contenuti, almeno è un passo in termini di diversificazione.)
E comunque se avessi condiviso qui l'articolo che non riesco più a trovare, ora sarebbe stato molto più facile trovarlo — o scoprire che è stato rimosso.
Allora ci vediamo presto su queste pagine!
 

05 June 2018

Frenfersazioni /2

Il socialino è un posto molto raffinato, frequentato da gente colta e intelligente: ricercatori e professori universitari (è pieno di fisici!), musicisti, docenti, etc... un posto, insomma, dove conversare amabilmente, ricordate?
Anche questa volta ci ho messo tutto il mio impegno a mantenere la calma, ma sarà l'incombenza della minaccia grillina, sarà che quella nello Stato è davvero una religione e come tale non ammette che sia profanata, fatto sta che un mio semplice commento al limite del buon senso — la sproporzione delle pene paventate per l'accusa di vilipendio del capo dello Stato mossa a chi aveva insultato su Facebook il nostro presidente del consiglio — sembra toccare un nervo scoperto, generando reazioni isteriche e rabbiose, che non esitano un secondo a sfociare nell'insulto volgare e gratuito: qui, per la cronaca.

29 March 2018

Bitcoin, la metafora di Internet

 
La metafora di Internet per Bitcoin è molto potente.
Superficialmente potrebbe sembrare una banale analogia di buon auspicio, il rimando a un precedente storico per certi versi simili che oggi possiamo dire abbia avuto successo. Ma se fosse semplicemente così non avrebbe un gran valore: il successo di Bitcoin per molti è ancora tutto da dimostrare, certamente ancora tutto da venire — e si potrebbero fare mille esempi contrari di presunte innovazioni poi fallite miseramente.
Ma per chi conosce bene il contesto e le motivazioni che hanno portato alla nascita dell'esperimento Bitcoin, il parallelo risulta innegabilmente calzante, perché non si limita alla superficie del loro essere entrambe innovazioni tecnologiche: il senso profondo della metafora sta invece nel percorso storico — inimmaginabile — di Internet, che Giacomo Zucco descrive nella prima parte del suo intervento.
 
Oggi per Internet non possiamo che parlare di "successo" se lo misuriamo in termini di diffusione e di pervasività nelle nostre vite; ma se pensiamo anche solo banalmente alle ultimissime polemiche su Facebook e Cambridge Analytica, o alle ricorrenti accuse contro gli interventi dei bot russi sui social network, è tutt'altro che scontato pensare che Internet abbia seguito la via del successo che avevano immaginato per esso i suoi entusiasti preconizzatori della prima ora.
La metafora risulta pertanto estremamente illuminante perché da una parte non c'è dubbio che quello che Bitcoin sta sperimentando segnerà in maniera vasta e profonda il nostro futuro molto prossimo, ma allo stesso tempo non c'è dubbio che le specifiche modalità con cui una cripto-valuta parallela alle vecchie monete a corso forzoso modificherà il panorama economico, politico e sociale restano ancora imprevedibili.
Come per Internet, la certezza è una sola: nulla sarà più come prima.
 
 
Di seguito quindi l'intervento di Giacomo Zucco diviso in due parti: non aspettatevi qualcosa di didascalico o esplicativo, per quello ci sono le spiegazioni "fatte bene" de IlPost (fatte bene fino a un certo punto, visto che vi si afferma che il valore del denaro è una semplice convenzione, ma se sapete poco o nulla di Bitcoin resta comunque un buon punto di partenza); qui non si spiega molto, c'è più che altro entusiasmo (Zucco — come si dice? — buca il video) e spunti di riflessione e pretesti per ulteriori approfondimenti.
 
 

13 February 2018

La blogosfera su Facebook

 
Sì, la blogosfera si è definitivamente spostata (e allargata, ma questo è un altro discorso) su Facebook.
«Neither superposition nor entanglement are quantum features. Thet are both a feature of wave mechanics. What makes quantum "quantum" is the collapse of the wavefunction, nothing else. Incidentally this makes quantum entanglement much more interesting and counterintuitive than its classical counterpart.»
Purtroppo non posso linkare perché — ed è questo il problema di Facebook — la conversazione è ristretta agli «amici».

24 January 2018

Strategie di conversazione

 
Mi sono impegnato: mi sono morso la lingua a ripetizione, ho contato 10 volte fino a 10, e tutto sommato mi sembra di non aver mai sbroccato.
Ma i risultati non sono stati incoraggianti.
Cioè, all'inizio sembrava: vedi thread di commenti qui.
Si era partiti molto tesi, ma il mio sollevare la questione del dialogo, il non rispondere a tono ma nel merito, secondo me ha avuto il suo effetto nel far proseguire i commenti in maniera più pacata.
 
Poi, però — in un altro thread (il post è mio, ma la conversazione l'ha iniziata lui, e mi ha fatto piacere) — non siamo riusciti a non finire con l'insulto.
Peccato, ma non la considero una controprova: mantenere i toni pacati non è cosa che dà risultati immediati.
 
Vero Franco?
 
PS
Sì, ormai prendo atto che i blog sono morti: se non sei su un social network nessuno commenta più. Cosa aspettate a chiedermi l'amicizia su Facebook?

04 June 2017

Frenfersazioni

 
I blog sono morti.
Non è solo Facebook, pare proprio che per una chiacchierata sul web non si possa più fare a meno di un qualche socialino qualsiasi.
Non si spiega altrimenti che uno dei miei soliti post desolati — quello qui sotto di venerdì — capaci di racimolare qui sul blog, se va bene, un rotolacampo all'anno, postato di là riesca a raccogliere in soli tre giorni un bel thread da cara vecchia blogosfera.
 

12 November 2016

Facebook: conversazioni?

 
Ultimamente sto provando un po' Facebook, lascio qui di seguito le mie prime impressioni[†].
 
 § 
 
Intanto l'esperimento di utilizzare Facebook tramite una pagina è fallito: lascia poco o punto spazio all'interazione.
Così a denti stretti ho accettato lo sgraziato compromesso di presentarmi con una ripetizione del nickname, per di più storpiato con la maiuscola[‡].
 
La sensazione generale è di grande confusione.
Innanzitutto per il fatto che non viene rispettato alcun ordine, a cominciare da quello cronologico: ogni volta che torno sulla mia Home, l'elenco dei post che mi si presenta è diverso: certo, se fossi ossessionato dal leggere sempre cose nuove, mi basterebbe solo riaggiornare la pagina compulsivamente, ma così è difficile ritrovare una cosa letta poco prima. Poi magari hai letto a lungo un post e i suoi commenti e per qualche motivo l'algoritmo di Facebook decide che ti interessa molto e continua a riproportelo sempre in cima: ma l'hai già letto tutto e a fondo!
Ed è una cosa generale: ad ogni refresh l'elenco è un misto di cose nuove e cose già mostrate... Non oso immaginare la confusione di chi, a differenza di me che non ho amici e seguo quattro gatti, è invaso di contenuti da mille fonti!
Inoltre molta gente non ha abilitato la possibilità di essere seguita e quindi per ricevere nella propria Home i loro post pubblici, bisognerebbe (immagino) chiedere l'amicizia.
Ad ogni modo, anche navigando manualmente sui post pubblici dei loro profili spesso non si può commentare, immagino sempre perché non ho l'amicizia, nonostante magari ce li abbia fra i following.
 
E quand'anche si riuscisse a commentare... be', le conversazioni restano un vero e proprio calvario, anche solo da seguire.
Ad esempio è difficile capire quanto sono lunghe, perché non c'è un "espandi tutto" e commenti annidati vanno scoperti quasi uno ad uno cliccando in calce ad ogni sottolivello: così, per dire, non sai mai bene se/quanto ti stai perdendo ad interrompere la lettura ad un certo punto; magari scorri velocemente (dal cellulare, per esempio) su un commento brevissimo e invece ti è sfuggito che non è affatto un commento breve: è Facebook che l'ha accorciato e che dovresti cliccare su See More, il quale magari poi ti mostrerebbe un View more replies dietro il quale si scoprirebbero una valanga di altri commenti...
In generale poi non c'è modo di segnarsi un punto lungo la conversazione a mo' di "sono arrivato qui", per tornarci in un secondo momento o per verificare in seguito che non siano arrivate ulteriori risposte: l'unica possibilità è salvarsi nei bookmarks del browser il permalink alla conversazione (vi rendete conto, vero, che salvarsi i bookmarks nel browser era una cosa che si faceva negli anni '90?!?)[※].
 
Insomma, tutto è pensato per una fruizione casuale, oltre che rapida: fugace e fatta più per likeare che per commentare: anche il commento, infatti, non riesce ad essere un elemento di conversazione, ma solo un gettare un sasso e via, se non c'è un modo naturale per tornare a leggere una risposta al tuo commento.
 
 § 
 
Detto questo, però, devo ammettere che su Facebook non ho trovato solo la ri-proposizione di contenuti già diffusi altrove e di cui già fruivo (essenzialmente blog, Twitter e Tumblr): certo, ci sono anche quelli, ma ho anche scoperto profili che pubblicano contenuti interessanti di cui rimanevo completamente all'oscuro nel mio settore di web ortogonale a Facebook.
Resta il fatto che, purtroppo, la loro fruizione in maniera un minimo sistematica è resa difficile da tutti gli aspetti negativi elencati sopra.
 
 

 
[†] lasciando perdere il fatto che grazie a ciò il mio feed-reader sta segnando un numero di articoli da leggere in continua crescita e che si avvicina pericolosamente alla ha superato persino la soglia psicologica delle 1000 voci
[※] c'è una funzione "salva", ma si riferisce ad un post, non ad un certo livello di commenti: se mi salvassi il post, poi dovrei ripercorrere (a memoria!) tutta la sequenza di click su See More e View more replies per tornare al punto della conversazione che mi interessava...
 

18 September 2016

Una rondine non fa primavera...

 
...e due?
Due blogger d'annata, Weissbach e Scacciamennule, hanno ripreso a postare...
Facebook, il tuo monopolio delle conversazioni hai i giorni contati!
#credici #figurati #macisperiancora
 
PS: a proposito di conversazioni, non capisco come mai Disqus non mi si carichi su Scacciamennule: ho provato altri blog che lo usano e riesco a vedere regolarmente i commenti, ma non su Scacciamennule...
 

21 June 2016

Conversazioni

 
Sulle cause della "morte dei blog" direi che condivido in toto la diagnosi di Borborigmi, che mi permetto di condensare nell'accostamento di due circostanze: la prima, che «la voglia di scrivere va di pari passo con la conversazione che un'opinione scritta genera, con il dibattito di cui riesce a far parte», e la seconda che «la fatica di aprire un blog, la cui manutenzione è tecnicamente più complessa» non ha più ragion d'essere, dal momento che «la maggior parte dei lettori potenziali sono comunque dentro le mura dei social».
Facebook, insomma, ha vinto semplicemente per aver reso più semplici le conversazioni: fornendo contemporaneamente un'audience ampia già in partenza, e una semplicissima modalità di pubblicazione istantanea.
 
Ed effettivamente il mio rammarico più grande a restare fuori da Facebook è proprio la quantità di conversazioni interessanti, con gente interessante, che mi sto perdendo. Però ogni volta che ci penso e valuto di tornare sulla mia decisione, mi ritrovo nuovamente davanti alle solite insormontabili barriere all'ingresso.
Non soltanto quella, già detta più volte, dell'identità e della privacy[1]. Un'altra questione terribilmente fastidiosa è quella di un'esagerata trasparenza, che si declina su due binari ferrei: la pubblica visibilità e trasversalità della rete di contatti, e la necessità di includervi un account per poterne leggere i contenuti e riceverne gli aggiornamenti[2].
Tutto ciò esaspera ancora di più la sovrapposizione forzata e totale delle proprie identità, del tutto innaturale nella vita reale.
 
Forse l'unica eccezione ragionevole a questi meccanismi perversi è rappresentata da Twitter: qui l'identità non ha vincoli anagrafici, la fruibilità è universale e non circoscritta ai propri contatti[3], le relazioni sociali sono asimmetriche, e tramite le liste è persino possibile seguire degli account senza che la cosa sia in bella vista.
Il difetto di twitter, o quantomeno la cosa che non gli permette di occupare esattamente la nicchia ecologica lasciata vuota dai blog, è la sua fugacità. Da un lato il limite alla lunghezza dei contenuti rappresenta un incentivo all'utilizzo: non devi aspettare di riuscire a ritagliarti un attimo di concentrazione per scrivere qualcosa di articolato, hai un pensiero anche solo accennato e via, lo condividi al volo. Ma questo si addice a massime e motti di spirito, quando va bene, o ad aforismi motivazionali e poesie da cioccolatini, quando va meno bene.
Se già il tweet rimanda a un link, le sue dinamiche iperveloci non permettono di stargli dietro, e seguire un account non basta per riuscire ad intercettarne tutti gli interventi, perché la quantità di tweet che riempie la propria timeline è indigeribile.
La fruizione di twitter diventa quindi quella degli avventori di un bar: siccome non ci stai tutto il giorno, quando passi trovi, di chi conosci, solo chi per caso sta passando di lì in quello stesso frangente, e con loro scambi due battute — solo allora e per poco, ché di lì a breve tu o i tuoi interlocutori già non condividerete più una sovrapposizione temporale utile — sull'argomento del momento.
Si parlava di conversazioni? Be', direi che sono un'altra cosa.
Certo, ci sono strumenti come Instapaper, o Pocket (Formerly — and eloquently! — Read It Later), con cui si può tener traccia delle letture che sembrano meritare più attenzione, ma a quel punto un'ipotetica conversazione andrebbe avanti a singhiozzo: se va bene puoi commentare in calce all'articolo, oppure puoi scrivere a tua volta sul tuo blog, ma difficilmente recupererai la persona da cui avevi ricevuto lo spunto e in ogni caso non ti inserirai in una conversazione raccolta sulla questione, perché di "conversazioni" ce ne saranno mille, ognuna più o meno chiusa nella sua filter bubble.
 
Insomma, quando si dice che forse la blogosfera non è morta ma si è semplicemente trasformata in qualcos'altro, ci si sta riferendo, più o meno consapevolmente, proprio alla questione delle conversazioni: i blog si stanno rintanando nella nicchia dei contenitori a tema ben definito e specifico di articoli autoconsistenti, che però restano isole asettiche: le conversazioni, anche quelle che li riguardano, sono altrove.
 
Ogni tanto un Kirbmarc che apre un suo blog mi illude che si possa tornare ai vecchi tempi dei feed RSS.
Oppure mi pare di scorgere segni di qualche cambiamento in atto: Peppe Liberti che prova[4] a sperimentare con paper, o Amedeo Balbi che si butta sulle newsletter; ma senza troppo entusiasmo, visto che le direzioni imboccate non sono quelle che speravo — ancora più chiusura e frammentazione delle conversazioni!
 

 
[1] Mi pare di aver capito che, benché Facebook richieda formalmente dati anagrafici reali, non proceda tempestivamente ed inesorabilmente all'enforcing del vincolo, per cui, a patto di accettare qualche deformazione tipografica del nickname, potrei anche provare — ho anche provato — ad aprire un profilo come hronir.
Ho anche provato social network che espressamente non richiedono identià reali, financo di già note e rinomate frequentazioni — leggi frenf.it — ma restano, appunto, le altre barriere all'ingresso.
[2] Certo, se qualcuno posta contenuti in maniera pubblica, questi restano accessibili da chiunque, ma di fatto non ci sono canali per avere aggiornamenti su tali contenuti che non siano ma{r,c}chiarsi della sua amicizia.
[3] A parte gli account lucchettati, ma mi pare rappresentino un uso di nicchia e peculiare di questo social network.
 

17 June 2016

Veloce e ultra veloce

 
Con mio grande sconforto scopro che, in un mare che si tingerà sempre più di blu, il mio Comune resterà una vergognosa macchia bianca ancora per i prossimi anni.
Il Piano strategico Banda Ultra Larga del Ministero dello Sviluppo Economico cerca in effetti di colmare un mercato per cui è la domanda stessa a languire[fonte].
Del resto, io stesso pagherei davvero di più per avere più banda?
Be', sì: per quella in upload.
È quella, secondo me, che farebbe davvero la differenza.
È con quella che, ad esempio, potrei promuovere facilmente il mio Raspberry Pi a servizio di cloud fatto in casa, aggirando tutte le questioni di privacy legate a servizi di terze parti; oppure farne il fulcro per embrionali esperimenti di domotica, sempre "fatti in casa"; o, perché no, aprire un nodo di uscita Tor.
 
Secondo me tutta questa enfasi sulla banda in download, sulla differenza fra banda larga veloce (30Mbps) e ultra veloce (100Mbps) nasconde il fatto che il vero elemento capace di cambiare le regole del gioco è la banda in upload.

 
 

21 December 2013

Facebook

 
Vista la stanchezza che da tempo immemore ormai ha preso questo blog, senza alcuna vitalità su facebook che la compensi, verrebbe proprio da dubitare che la causa del languire della blogosfera sia dovuta ad un trasferimento rigido verso i social network. Ma è anche vero che questo blog non è mai stato particolarmente prolifico, e comunque un caso singolo non fa statistica (il caro vecchio fabristol, tanto per dire, sembra non aver minimamente perso lo slancio — grazie a lui! — e chissà se scrive anche su facebook...).
Io non frequento (ancora?) il social blu, ma voi, che dite, c'è vita da quelle parti? A parte gli scambi di auguri di Natale e le foto di gattini, intendo...
 
Il pretesto per questo post risale a molto tempo fa, quando mi capitò di notare, nelle statistiche di accesso al blog, la stringa di referrer "www.facebook.com": qualcuno, cioè, era arrivato sul mio blog a partire da un link presente su una pagina di facebook.
Ma il refereer era proprio "www.facebook.com", e niente più. Non c'era modo, cioè, di risalire a quale pagina facebook mi citasse, come invece sarebbe avvenuto se l'accesso fosse arrivato da un blog. Chi, e perché, e commentando cosa, aveva messo un link ad un mio post?
Il motivo tecnico, forse, è che quella pagina era privata; visibile, cioè, solo alla catregoria di utenti facebook che stavano in un particolare stato di relazione (parentela? amicizia? conoscenza?) con la persona che ha condiviso il link. A rigore, infatti, non bisognerebbe paragonare quella pagina facebook al post di un blog, ma ad una email, eventualmente inviata ad una mailing list, comunque non come fosse un forum pubblico.
(Questo a voler concedere il beneficio del dubbio perché, chissà, magari il comportamento sarebbe stato esattamente lo stesso anche se la pagina fosse stata "pubblica". Qualcuno di voi sa come stanno le cose?)
Se davvero, dunque, le discussioni si sono semplicemente trasferite su Facebook, vorrei esprimere il mio rammarico per la perdita del carattere di pubblicità (nel senso di essere pubblico, non di réclame) delle conversazioni: su Facebook, il loro flusso è necessariamente relegato a dinamiche strettamente simmetriche di "amicizia", rinforzando l'effetto "ognuno nella sua bolla", ma soprattutto impedendo, o comunque rendendo più difficile, la serendipità.
 
Più recentemente, a dare una spinta a concludere e pubblicare questo post, mi è capitato di imbattermi in un "post"(?) su Facebook del mio recensore musicale (e non solo) preferito. Ovviamente la serendipità non è capitata grazie a Facebook, ma a Twitter.
 
(Ah, Twitter: chissà se un giorno troverò il tempo per scriverci un post; per il momento mi limito a dire che non riesco a capirlo e nonostante ripetuti tentativi di tuffarmici, ogni volta mi ritrovo ad annasparci senza fiato — e no, il naufragare non è affatto dolce.)
 
Su Twitter, dicevo, mi imbatto in questo ritaglio di pagina di facebook, e sono di nuovo preso da quell'angoscia adolescenziale dello star perdendomi qualcosa di interessante. Dove scrive, ancora, il mio Fillioley? Ok, su parrucchiera 2.0: dovrò filtrare le cose interessanti dal mare di quelle personali e futili; non è detto che ci riesca, ma posso provarci: datemi subito i feed!
 
(A proposito di feed, lo sapete che è tornato NewsRob? Come sarebbe a dire, cos’è?! Non ve ne avevo parlato in una puntata della rubrica Android App of the Day? Ah, no, è vero, avete ragione… Beh, per chi si ricorda cos'era, ora si chiama GrazeRSS ma è lo stesso di prima: interfacciaccia spartanissimissima ma con la gestione dell’offline-reading in assoluto migliore sulla piazza; e la novità è che da poco si interfaccia anche con Feedly, il miglior compromesso post-google-reader-assassin...)
 
I feed della pagina facebook del Fillioley! — dicevo — datemi i suoi feed!
Ma prima ancora di arrivare ai feed, scopro appunto che la sua pagina facebook è pressochè deserta. Bene, penso, niente fuffa e pettegolezzi, ma... anche niente commenti arguti! Ma dove dovrei cercarlo, nella Timeline, è corretto? Zero, solo rotolacampo e piccoli diavoli di sabbia; o almeno così pare a me che visito Facebook dall'esterno... magari per vedere qualcosa dovrei chiedergli l'amicizia... uff... Dov'è, tanto per dire, quel lungo commento ritrovato per caso su Twitter? Boh, evidentemente anche quello, come il misterioso link al mio blog, dev'essere comparso in una conversazione privata...
 
E niente, tutto qui, la morale della storia, il rammarico, l'ho già espresso parecchi paragrafi qui sopra.
Maledetto Facebook e tutti i social network che hanno snaturato internet!
 

23 January 2011

Non toccatemi Umberto Eco...

Qualche giorno fa si sono celebrati i 10 anni di wikipedia (sì, sì, mi precipito sempre tempestivo sulle notizie) e fra i mille omaggi dedicati alla migliore declinazione di internet in assoluto, mi è capitato di inciampare nuovamente nelle "critiche" di Eco, Umberto Eco, all'Internétte. E mi è venuto in mente che, a suo tempo, avevo promesso di dire la mia ed effettivamente avevo buttato giù un tentativo di risposta a queste critiche, presto partito per la tangente in un giudizio supponente su tutto Eco, Umberto Eco.
'Sta volta non mi limito a promettere di pubblicare, ma vado tosto a incollare quel che mi ero appuntato, anche se puzza un po' di vecchio e non pare più così profondo come immaginavo, o speravo.
 
Non toccatemi Umberto Eco, titolavo, sulla scia di un mio vecchio post, ma svelando l'agnizione finale subito nell'incipit: ...ma solo quando scrive romanzi: per il resto, non abbiate remore e dateci dentro.
Ad essere precisi questi miei giudizi risalgono a molti anni fa, ma direi che al massimo potrei scoprire di non essere più d'accordo col mio vecchio io sull'Eco romanziere, dubito di poter migliorare molto il giudizio sull'Eco saggista. Non che pensi le peggior cose di lui, intendiamoci, ma certo non lo trovo quel riferimento di illuminante saggezza che sembra caratterizzare la sua fama.
Lessi Il nome della rosa che ero troppo piccolo, come lettore, e non seppi apprezzarlo appieno. Ma riconosco, appunto, che con ogni probabilità il limite era mio. Più maturo, lessi Il pendolo di Foucault e mi divertii un sacco. Passai quindi a L'isola del giorno prima e lo definii un romanzo puro, nel senso in cui il termine viene usato in musica: un'opera composta non con intenti didascalici o descrittivi, ma per il solo gusto e piacere dell'opera stessa. Come il contrappunto bachiano mirava (solo) all'incastro armonico — punctum contra punctum — delle diverse voci, così ne L'isola del giorno prima Eco sembra scrivere solo per il gusto di scrivere, per il mero piacere della verbosità (emblematica è la loquela delle lettere di Roberto...).
Insomma, per me l'Eco romanziere fu un crescendo. Ma decisi di scprire anche l'altro lato.
Arrivai all'Eco saggista passando da quella specie di genere intermedio che sono Le bustine di Minerva, raccolte nel Diario minimo e ne Il secondo diario minimo, e già gli entusiasmi si raffreddarono molto. Ritrovai i giochi cacopedici à la Pilocatabasi, Tetrapiloctomia o Urbanistica Tzigana de Il pendolo di Foucault, ma fuori da quel contesto di romanzo avevano perso quasi tutto il loro brio e di essi non restava altro che infantilità e geekismo nel senso peggiore del termine. Certo, c'erano alcune bustine godibili (ricordo con piacere Elogio di Franti, oppure quella in cui si sfatava il mito che prima di Colombo tutti credessero la Terra piatta...), ma la maggior parte delle volte il risultato era insipido, oppure eccessivo. O addirittura firma di letterata ignoranza (vedi ad esempio la gita scolastica in gergo informatico). Per via della mia religione, il culmine del peggio mi è parso l'abbia raggiunto cercando di "riciclare" Borges: era inevitabile, chi prova a rifare Borges viene fulminato, lo sanno tutti: ma il suo Dell'impossibilità di costruire la carta dell'impero 1 a 1 fu davvero qualcosa di mortificante.
In realtà, di saggi veri e propri, feci in tempo a leggerne solo uno (la vita è finita e lì fuori c'è un'infinità di cose potenzialmente interessanti: uno deve inevitabilmente cominciare a sfoltire). Il titolo sembrava interessante, i temi trattati di mio grande interesse ed Eco era un nome importante: partii con le migliori aspettative. Forse fu proprio quello, perché non è che possa dire il peggio di Kant e l'ornitorinco. A voler essere cattivi si potrebbe commentare che un letterato non è nemmeno un filosofo, ma credevo che il titolo di semiologo lo avvicinasse almeno un po' alla forma mentis dello scienziato. E invece la metafora più calzante per descrivere questo saggio è proprio quella del tema liceale. Un ottomo tema, intendiamoci: colto, pieno di citazioni, riferimenti, excursus, paralleli, aneddoti... ma senza un vera e propria tesi di fondo, o con una tesi di fondo minuscola, spesso banalmente ovvia, e comunque completamente annacquata da citazioni, riferimenti, etc, etc...
Il peggio, qui in Kant, lo trovai all'inizio, in quell'interminabile sezione sull'essere, piena di vuoto pneumatico distillato da aria fritta (ricordo quasi con nausea i volteggi acrobatici fra i millanta modi di dire "essere" in tedesco...). Dopo quella prima parte, cui mi parve di resistere con supremo sforzo stoico, trovare un senso nelle parole dei capitoli successivi fu un sollievo, ma alla fine di tutto mi fu chiaro che non avrei più letto niente di saggistico di Eco.
Oddio, ma dove sono finito? Questo post non doveva parlare di Eco in generale, bensì nello specifico del suo ormai famoso giudizio su Internet, il pretesto essendo l'intervista di AubreyMcFato per it.wikinews...
Ma si è fatto tardi, Internet, si sa, non è fatta per le cose lunghe (sì, sì, sono ironico, anche qui avrei le mie cose da dire, ma purtroppo non possono essere contenute nel margine troppo stretto della pagina...), e dunque sarà per la prossima volta... :-)
E qui avrei interrotto per rimandare a un altro post, per spremere al massimo la mia produzione letteraria e far sembrare questo blog un posto vivo e sempre fresco. Ma ormai sono passati mesi e mesi, vi risparmio l'attesa e incollo qui di seguito anche la seconda parte, alla faccia dell'internet dai testi brevi.
Ora che conoscete la mia opinione di Umberto Eco, posso finalmente dire la mia, molto brevemente, sulle sue numerose "uscite" su Internet.
Mantellini riassume bene quel che ne penso: una baggianata; ma mentre lui poi pare più accondiscendente nei confronti dell'intervista di AubreyMcFato, io la trovo semplicemente una riproposizione, in maniera forse più articolata, della solita baggianata — Aubrey, ambasciator non porta pena... :-)
C'è una critica piuttosto generale all'attegiamento di Eco, espressa bene da Alessandro Longo: denigrare il progresso per pura nostalgia.
La tesi sarebbe che su Internet ci sarebbe troppa roba e la spazzatura prevaricherebbe sul poco di buono che col lanternino si potrebbe trovare. Qualcuno addirittura paragona Internet al muro di un cesso pubblico con pennarello a disposizione. Verrebbe quasi da ribattere che sì, le scritte/commenti sarebbero dello stesso livello di quel che uno va a fare, in quei cessi/post...
Ma, frecciatine a parte, il punto è che l'alternativa che Eco ha in mente soffre precisamente dello stesso problema, forse persino in misura maggiore.
L'alternativa che Eco cita sono libri e giornali: ma avete mai visto che libri circolano nelle librerie? Dalle sezioni New Age piene di ricette con rimedi bio-energetici a tutti i mali, alle sezioni "politiche" con complottismi di ogni genere e brunovespismi sempre freschi, alle sezioni scientifiche piene di tao-della-fisica e zichicche, fino a Moccia e ai romanzi di poca cosa. No, decisamente non sono della scuola qualsiasi cosa, basta leggere. Per non parlare dei giornali, pieni di bufale — Dio benedica Paolo Attivissimo — e granchi in quantità, facili ad errori grossolanissimi nonappena si tocca un po' d'economia o di statistica, persino su giornali sedicenti "specialistici in materia" come IlSole24Ore.
La baggianata, insomma, il solito miopismo veterogenerazionale nei confronti del nuovo, non è tanto il malgiudicare Internet, quanto il pensarlo diverso dal "caro vecchio mondo di carta".

02 June 2009

Una segnalazione in particolare

Tante cose di cui voler parlare, troppo poco tempo a disposizione. Come al solito.
Post zibaldone di passaggio, dunque, giusto per segnalare:
  • che cominciano ad essere disponibili in traduzione italiana alcuni video Ideas worth spreading del TED (via .mau.); ma ancora non hanno tradotto il bellissimo video di Larry Lessig on law that is strangling creativity, che avevo segnalato un anno e mezzo fa;
  • che in Italia non basterebbe nemmeno la libertà di stampa: un assist perfetto, un'occasione ghiottissima offerta su un piatto d'argento: Gino Flaminio non è incensurato? è addirittura stato condannato? Non c'era che l'imbarazzo della scelta e finalmente avremmo avuto la possibilità di sentire per la prima volta in televisione o sui giornali che, chessò, Dell'Utri o Previti sono stati condannati; ma la sinistra non vuole apparire forcaiola e dipietrista, e i giornalisti da tempo si sono fatti semplici microfoni e telecamere, senza cervello;
  • che Travaglio sta per uscire con un nuovo giornale, Il Fatto, che non chiederà finanziamenti pubblici; ho chiesto info su modalità e costi dell'abbonamento, sono ancora in attesa di risposta;
  • che Google e il suo strapotere fanno quasi paura. Soprattutto perché finora si sta comportando benissimo, forse fin troppo: fa da traino con moltissimi servizi e applicazioni web semplicemente fantastiche, si prodiga per la neutralità della rete, per l'open source, e da qualche tempo è scesa in campo anche nel mondo della telefonia mobile, regno incontrastato dell'oligopolio a danno degli utenti. Quanto potrà durare?
  • che il fondamentalismo religioso in Italia non è relegato solo alle alte sfere dei principi porporati, ma arriva a colpire il singolo in maniera isterica e pesante, sospendendo dalle proprie funzioni e dallo stipendio per due mesi un professore di matematica e fisica per aver condotto un'indagine nelle proprie classi sulle preferenze fra ora di religione e materia alternativa (via mantellini);
  • che mi sono iscritto ai feed del blog di Internazionale (via mantellini);
  • che ho scoperto solo ora che su Ulisse della SISSA risponde (oltre al sottoscritto; lo so, il paragone è eccessivo) anche nientepopodimenochè Carlo Rovelli (sì, proprio quel Carlo Rovelli).
 
Ma soprattutto per segnalare questo video di una "lezione" di Luca Telese (via aghost). Anch'io non avevo una somma opinione di Telese (mi è capitato di vedere stralci del suo Tetris, ma non ne sono rimasto particolarmente colpito: è vero, è stato forse l'unico a mostrare in televisione Piero Ricca, ma è anche vero che ha Paolo Guzzanti come opinionista ospite fisso, che ti fa venir voglia di spegnere subito appena apre bocca...) e certamente non è che ora sia diventato il mio idolo. Ma davvero questa sua Come non si diventa giornalisti merita, tantissimo, soprattutto per i "giovani" come me (dal punto di vista storico-politico mi sento molto più giovane della mia età anagrafica...), ma non solo.
Sì, è lunga, dura un'ora intera: io per primo tendo a rinunciare in partenza se mi tocca fermarmi e restare davanti al computer, immobile, a guardare per più di pochi minuti. Ma in questo caso fate eccezione: trovate un po' di tempo, ritagliatevi quest'oretta, magari la sera, e godetevelo come un breve dopocena.
Amaro, ma gustoso.

21 May 2009

W|A versus oltre Google

Ancora di passaggio, solo per fornire un esempio concreto di cosa si può fare con WolframAlpha che non si può fare (con la stessa facilità) con Google.

18 May 2009

W|A, CyC e Quine

Sorta di Trackback a questo post su Moto browniano.
 
Avevo letto di Wolfram|Alpha su Punto-Informatico, ma, a sentir quel che si diceva allora, sembrava solo l'ennesimo tentativo di rifare google e, lo confesso, gli avevo dato pochissima importanza.
Che se non me l'avesse suggerito Federico, non sarei nemmeno andato a provarlo.
E invece.
Sono rimasto davvero impressionato.
Sì, ok, al momento non è ancora onniscente, e se gli chiedete il codice swift della vostra banca, rimarrà interdetto. E comunque non è con Google che bisogna fare i confronti.
Intendiamoci, non sono qui a scommettere che sarà un successo. Dico solo, anch'io, che sembra un esperimento di grande interesse, da tenere d'occhio. Certo, se si pensa ai suoi obiettivi più ambiziosi, le difficoltà sono chiaramente enormi: sono le difficoltà del web semantico e dell'intelligenza artificiale.
Non conoscevo Cyc, ma un'occhiata al suo funzionamento lascia più di un dubbio sulle sue reali possibilità di successo, soprattutto se pensato davvero con l'intento di riprodurre l'intelligenza umana, e soprattutto per noi quineiani, che consideriamo ingenua l'idea che esista un'ontologia distinta dal linguaggio e su cui quest'ultimo poggerebbe le sue fondamenta referenziali.
Ma, come dice Federico, W|A potrebbe benissimo avere un grande successo anche senza raggiungere il traguardo estremo di una vera IA. E del resto, un'idea di questo successo, pur nel limitato dominio delle scienze dure o comunque in quei domini in cui esistono dati che possono esser forniti in pasto agli algoritmi, possiamo già farcela, adesso.

09 December 2008

se una sera a cena un giornalista


Dai, raccontaci un po', come fate voi giornalisti a tenervi informati su quel che succede? Noi leggiamo i giornali, ma voi?
Be', innanzitutto c'è una suddivisione degli ambiti: chi si occupa di cronaca nera, chi di cronaca giudiziaria, chi di cronaca politica...
— E quello che si occupa di cronaca nera cosa fa, telefona ogni 5 minuti alla polizia?
Successo niente di nuovo? No. Successo niente di nuovo? No. Successo niente di nuovo? No...
Be', ci sono gli informatori: ogni giornalista ha il suo contatto alla polizia...
Quindi è la polizia, che vi chiama, quando succede qualcosa...
— Ma chi glielo fa fare, di chiamarvi ogni volta che succede qualcosa?
Be', la polizia potrebbe essere interessata al fatto che venga divulgata una certa notizia...
Come quando fanno i servizi sull'esito di una loro operazione...
— E' un po' come farsi pubblicità... i giornalisti fanno le marchette!
Be' potrebbero anche parlare male della loro operazione...
— Sì, così poi non ti chiamano più la volta dopo...
Sì, c'è una specie di rapporto di fiducia fra informatore e giornalista: oggi io ti pubblico un articolo che ti elogia, domani mi dai l'anteprima di una notizia di cronaca...
Ma così non ci saranno mai articoli negativi sulla polizia...
— ...e su tutti quelli da cui hai informatori: se vorrai mantenerti sulla notiza, devi solo dare le notizie buone!
Be', sì, la regola pratica è che se una notizia si pubblica è perchè c'è qualcuno a cui interessa che venga pubblicata.
Quindi una notizia "cattiva" su di te si pubblica solo se la viene a sapere un tuo rivale...
— Sì, se anche il giornalista lo venisse a sapere "da solo", non la pubblicherebbe per non "bruciarsi" il suo informatore...
Cioè dev'essere un altro giornalista che riceve la soffiata dal "rivale"...
— Altrimenti comunque il giornalista perderebbe la fiducia del suo uomo...
Sì, succede più o meno così...
Ma è incredibile questo meccanismo! Chissà allora di quante cose non veniamo e non verremo mai a conoscenza!
Eh, sì. L'unico modo che ha un giornale per poter pubblicare notizie "scomode" è quello delle inchieste: si invia ad indagare un giornalista "esterno" all'ambiente, che non ha alcun rapporto di fiducia da difendere...
E i giornali a tiratura nazionale? Se io, fonte, so che comunque tu sei un giornalista di Repubblica o del Corriere, che il giorno prima ha pubblicato un'inchiesta che mi ha danneggiato, anche se non sei stato tu materialmente a firmare l'articolo, io non ti do più fiducia!
Il giornalista locale cercherà di chiamarsi fuori dicendo che non ha potere di bloccare le pubblicazioni di un suo collega...
Certo che è un equilibrio molto fragile: è incredibile come possa mantenersi vivo un giornalismo "sano e indipendente" se questi sono i meccanismi in gioco...
Sì, è un equilibrio delicatissimo. A salvare le cose dovrebbe entrare in gioco una solidarietà corporativa...
In che senso?
Per esempio: in una conferenza stampa convocata da un politico, un giornalista prende la parola e fa una domanda scomoda al politico stesso. L'entourage del politico proverà quindi ad allontanarlo e magari ad impedirgli l'accesso le volte successive. Gli altri giornalisti dovrebbero allora far fronte comune ad un tale comportamento: ad esempio minacciando di andarsene tutti quanti con lui...
Essì: oggi capita a me, domani a te...
Esatto...
— Oggi, poi, bisognerebbe estendere questa sorta di solidarietà non solo ai giornalisti...
Certo che in Italia non sembra succedere molto spesso...
— Le interviste ai politici sembrano semplicemente degli spot elettorali: non fanno domande, chiedono solo: "cosa, di grazia, vorrebbe commentare? Ma non necessariamente nel merito della notizia, se anche vuol raccontarci una barzelletta o cos'ha mangiato a pranzo, per noi va bene, ci dica quello che vuole..."
So che in alcuni casi Mediaset non mandava nemmeno il giornalista, per realizzare il servizio...
...in che senso?
...mandava solo il cameraman.

07 October 2008

Quarto potere


Anna Politkovskaya (foto indimedia)
Vediamo se questa volta riesco ad essere "sulla notizia". Certo, ormai e' sera tardi, ma, almeno per qualche dozzina di minuti, è ancora il 7 ottobre. E proprio il 7 ottobre di due anni fa veniva assassinata la Politkovskaja. Stranamente non trovo nemmeno un trafiletto su repubblica online (c'è solo una riga su news control che si limita a linkare il pezzo del corriere) e in generale la cosa ha avuto, a parte appunto sul corriere, relativamente poco risalto.
L'occasione è buona per una riflessione di carattere generale sul giornalismo.
Ho già detto tante volte che considero l'informazione come parte integrante dell'ossatura stessa della democrazia. Non basta poter esprimere una preferenza nell'urna per poter dire di essere in una democrazia, dev'esserci un concerto di poteri indipendenti che operino un'azione di controllo reciproco, e fra questi non sarebbe eccessivo considerare l'informazione come il più importante, dal momento che è solo attraverso una corretta informazione che i cittadini possono farsi un'idea di quel che accade intorno a loro e delle decisioni che vengono prese per regolamentare la loro stessa vita.
E la situazione dell'informazione in Italia è davvero disastrosa.
La cosa è già molto evidente semplicemente guardando un qualsiasi telegiornale, ma avere internet a portata di mano rende il tutto davvero stridente. E ovviamente non sto parlando "semplicemente" di informazione scientifica nè mi sto lamentando del dilagare del gossip, ma di una situazione del tutto trasversale e particolarmente accentuata proprio in ambito politico. Non solo manca il giornalismo d'inchiesta, ma abbiamo perso persino il concetto di "intervista", sostituito da quello di monologo. Manca completamente un senso di obiettività del giornalista, sostituito da quell'obbrobrio chiamato par condicio, secondo cui l'equilibrio starebbe nel mezzo, ovunque esso si trovi, anche se uno dei due estremi si trova completamente fuori scala rispetto a qualunque definizione di buon senso. La par condicio in realtà rappresenta precisamente la morte del giornalista, che si limita a fare da contenitore a qualsiasi boiata venga proposta, mentre dovrebbe essere il punto di riferimento "informato" del cittadino che non può pensare di essere esperto di tutto.
Recentemente ho scoperto che RaiNews24 rappresenta una specie di residuo di informazione "normale", una testata che spicca nel desolatissimo panorama che la circonda. L'unico feed di news nel mio aggregatore è proprio il loro (su repubblica e corriere ormai ci vado solo, quando mi capita, direttamente dal browser, il che per me è come dire che non esistono più...). Si ha ancora la sensazione di leggere delle notizie, nella loro asettica sobrietà, e non delle marchette sensazionalistiche. Ogni tanto arrivano anche delle inchieste interessanti, che in un paese normale dovrebbero destare scandalo, mentre da noi non ne parla nessuno, al massimo si limitano ad essere citate da qualche blog controcorrente che viene quindi dipinto come controinformazione, nel senso negativo del termine.
«Il controllo dell’informazione è il punto chiave con cui viene garantita la continuità di tutte le dittature, anche quelle dolci, come la nostra.» Ma al momento i blog (i blog, più che l'internet in generale, che è in gran parte nello stesso calderone in cui ribollono corriere e repubblica online), coinvolgono ancora, purtroppo, una fetta di popolazione troppo piccola, del tutto irrilevante. E se, come temo, i blog rappresentano davvero l'unica possibilità per una sana informazione, una qualsiasi possibilità di riscatto per noi sembra non avere altro orizzonte che questo.
Che, forse, è un po' come dire che non c'è alcun orizzonte.

18 September 2008

FoolDNS

Un'occhiata veloce alle slide di presentazione di FoolDNS (via mantellini) mi aveva lasciato molto entusiasta. Poi Stefano Quintarelli mi riporta coi piedi per terra: se avessero veramente un grande successo, questo stesso successo decreterebbe la loro fine, ma soprattutto aggiungo anche che il DNS "è" Internet e maneggiare sul DNS è sempre meglio evitarlo, IMHO.

04 August 2008

Sto cercando il mouse

Continua la serie dei miei tempestivi suggerimenti per la lettura con un articolo dal blog di internazionale (grazie a Pietro per la segnalazione, tempo addietro...!).
Un'interessante interpretazione del web in retrospettiva: tempo libero, televisione (sit-com), internet (wikipedia, youtube)... consumare, produrre (user generated content)...
Da leggere!