07 October 2016

L'anima /5

[...] sebbene sia possibile che l’intero non sia semplicemente la somma delle sue parti separate, il suo comportamento può, almeno in linea di principio, essere compreso conoscendo la natura e il comportamento delle sue parti, nonchè il modo in cui esse interagiscono. [...]
Una molecola di benzene è costituita da sei atomi di carbonio disposti simmetricamente a formare un anello, con un atomo di idrogeno attaccato a ciascun atomo di carbonio, orientato verso l’esterno dell’anello. Fatta eccezione per la massa, le proprietà di una molecola di benzene non sono in alcun modo la semplice somma aritmetica di quelle dei suoi dodici atomi costituenti. Ciò nondimeno, se sappiamo in che modo queste parti costituenti interagiscono fra loro, è possibile calcolare il comportamento del benzene - ad esempio proprietà come la sua reattività chimica e l’assorbimento della luce - anche se per far questo si deve ricorrere alla meccanica quantistica.
Stranamente, sebbene nessuno tragga alcuna soddisfazione mistica affermando che «la molecola del benzene è ben più della somma delle sue parti», fin troppe persone toccano il cielo con un dito quando riescono a fare asserzioni simili riguardo al cervello, annuendo gravemente col capo.
 
Francis Harry Crick, La scienza e l'anima. Un'ipotesi sulla coscienza,
traduzione italiana di The Astonishing Hypothesis. The Scientific Search For The Soul.
 
 

02 October 2016

...non hanno bisogno nemmeno del cestino!

 
 
Ecco, se c'è una cosa che odio è la filosofia solo "per parlare", eristica, mero gioco dialettico.
 
C'è un problema su cui i filosofi hanno dibattuto a lungo senza approdare ad una soluzione condivisa[1]? e nemmeno tu hai una soluzione? ti prego, non dire "questo è il bello della filosofia"! Perché che senso ha, se non quello di dichiarare che della questione, in fondo, non te ne fregava molto e che cercavi solo materiale di conversazione per il circolo del te e dei pasticcini?
 
E comunque, caro Nicola Misani, per tua informazione, il problema dei nomi, della sinonimìa, della dicotomia significante/significato, dell'imperscrutabilità del riferimento, dell'indeterminatezza della traduzione, del mito di un museo in cui gli oggetti esposti sono i significati e le parole sono le etichette, etc, etc, sono stati tutti chiariti una volta per tutte da — indovinate, miei lettori abituali? — Quine.

[1] come? tutti?
 

30 September 2016

nautil.us

 
Per chi ancora non fosse incappato in nautil.us (o non si fosse reso conto del suo valore), volevo segnalare e rendere omaggio a questa notevole iniziativa editoriale di ambito scientifico con taglio divulgativo: un insolitamente equilibrato coniùgio di rigore e suggestione.
Ogni mese un tema — un issue — e ogni settimana di quel mese una manciata di articoli su quel tema. Così si può fruire come un qualsiasi blog (se non fosse che la qualità e lo spessore degli articoli li porta molto presto fuori dalla finestra di tempo disponibile per la lettura... — io non riesco a stargli dietro), ma il taglio monografico si presta perfettamente ad un formato di pubblicazione più simile ad un'agile saggistica; e infatti è possile fruirne in formato cartaceo o eBook, abbonandosi opuure una tantum su un singolo issue.
 
Come un blog, dicevo, ma invero nautil.us un blog ce l'ha davvero — in più! — con contenuti e temi indipendenti dall'issue del mese. E questo blog ha un nome, e questo nome si porta dietro un effetto speciale così commovente che in realtà il vero motivo per cui mi sono messo a scrivere questo post è proprio quello di raccontarvelo.
 
Come sapete io leggo tutto grazie al mio fedele GrazeRSS (powered by feedly), cioè via feed RSS.
L'interfaccia principale (sia sul cellulare che sul browser) è quella di una lista di titoli — eventualmente da aprire per leggere... o scartare direttamente come letti senza nemmeno aprirli: ah, l'infoxication contro la FoMO!
 
Ora succede — e finalmente veniamo al punto — che il blog di nautil.us ha adottato la prassi di posporre il titolo del blog al titolo specifico di ogni suo post, col risultato, però, visto il titolo del blog, di lasciar intendere che si tratti un commento al contenuto del post: Facts so romantic.
 

27 September 2016

Regolamentazioni

 
Questo recente post di Giuseppe Lipari, Disparità, sulla sparità fra uomini e donne nell'amministrazione statale, solleva la questione delle regolamentazioni, della loro efficacia, degli incentivi che producono e degli effetti collaterali che il legislatore, con un'ingenuità colpevole, non aveva previsto, credendo come un bambino dell'asilo che per ottenere qualcosa sia sufficiente metterlo per iscritto.
C'è anche un caso paradigmatico noto in letteratura col nome di effetto cobra, in cui il governatore britannico di una provincia dell'India, per contrastare un'invasione di cobra, offrì una taglia per ogni cobra morto consegnato alle autorità, generando in tal mondo un forte incentivo opposto ad allevare cobra.
 
Ma non c'è da scervellarsi su ogni caso specifico per evitare l'eterogenesi dei fini, non c'è da studiare un anno intero ogni singola regolamentazione per scovare tutti i possibili effetti collaterali: è infatti un principio del tutto generale che le regolamentazioni causino inefficienza e producano danno ai consumatori, attraverso artificiali barriere all'ingresso.
L'effetto immediato di simili inefficienze è quello di spingere consumatori e produttori a incontrarsi al di fuori delle regolamentazioni, con beneficio reciproco; ed è per questo che vengono introdotte sanzioni (il cui costo viene comunque accollato sulle spalle dei consumatori, anche se in maniera scorrelata al mercato di applicazione di quelle sanzioni).
In definitiva le transazioni "in nero" vengono messe in atto non già quando risultano più convenienti tout court delle corrispondenti soluzioni "regolamentate" (il che sarebbe essenzialmente sempre), ma quando risultano più convenienti includendo il sovraccosto delle sanzioni. E per sovraccosto ovviamente non si intende semplicemente il prezzo dell'eventuale multa, ma tutti i costi connessi ad essa e ai suoi rischi.
 
Tutto ciò non si limita, come si potrebbe ingenuamente credere, a drenare una certa quantità di risorse da produttori e consumatori a vantaggio del regolatore [1], ma deforma in maniera sostanziale la struttura stessa della domanda e dell'offerta.
I casi più evidenti sono quelli estremi, in cui cioè la regolamentazione statale alza barriere smisurate. Lo stereòtipo è il "nobile esperimento" del proibizionismo americano sugli alcolici degli anni venti del secolo scorso, o equivalentemente quello attuale sugli stupefacenti e la canapa, in cui i costi di regolamentazione hanno assunto i connotati di una vera e propria guerra alla droga.
Gli effetti sono molteplici.
Innanzitutto c'è quello di sterilizzazione del mercato sotto-soglia, sia per la domanda che per l'offerta, che colpisce quei settori che non sono in condizione di superare la barriera d'ingresso artificiale. Versioni economiche del prodotto non verranno prodotte, o almeno non per essere vendute a quella fascia di domanda, che resterà dunque all'asciutto. Questo tra l'altro significa che le regolamentazioni sono una tassa intrinsecamente regressiva, cioè che ricade maggiormente sui meno abbienti, i quali non possono più permettersi il bene regolamentato [2].
Nel caso del proibizionismo questa sterilizzazione arriva a colpire una grossa fetta del mercato, vista l'entità della soglia.
Ma l'effetto non è banalmente di "taglio" nella distribuzione, perché il mercato sopra-soglia che sopravvive deve compensare il fatto che gran parte dei costi che sta sostenendo non sono legati alla produzione, ma alle sanzioni: i gangster dovevano sostenere un prezzo molto alto per i loro traffici (il rischio di essere catturati dalla polizia, o uccisi da bande rivali, le strategie di difesa armate, frutto esse stesse del fatto che la risoluzione dei conflitti con i propri competitor non poteva seguire le più convenienti vie pacifiche dei tribunali, etc, etc) e dunque potevano dedicare poche risorse alla qualità dei propri prodotti, che in più, per ottimizzare i costi, non potevano che commerciare in grandi quantità. Ecco perché alcool e droga sotto il proibizionismo circolano tendenzialmente ad alta densità (ricordate di trafficanti di birra? solo superalcolici!) e bassa qualità (la droga di per sè non uccide: i morti per overdose sono l'effetto collaterale di un mercato in cui i prodotti sono tagliati male per ridurre i costi e in cui l'illegalità impedisce la formazione di marchi e rende pressoché impossibile una circolazione trasparente delle informazioni sulla qualità dei prodotti). [3]
 
In definitiva le regolamentazioni del mercato hanno, col beneficio del dubbio della migliore delle ipotesi, motivazioni ingenue da wishful thinking ed effetti distorsivi inevitabilmente a svantaggio di tutti.
E il dramma di tutto ciò è che il proibizionismo è stato sperimentato ormai un secolo fa, i suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti, ma la guerra alla droga non ha indietreggiato di un millimetro e, al contrario, di fronte agli effetti collaterali negativi che emergono da ogni nuova regolamentazione, la riposta che si chiede a gran voce è ancora e ancora più regolamentazione.
C'è modo di uscirne?
Ne parleremo nella prossima puntata!

[1] il quale poi, dice, riverserà alla comunità, ovviamente dopo aver decurtato i costi di quell'enforcing, se mai fossero inferiore agli introiti delle sanzioni, che comunque non sarebbero pensati con scopi di fare cassa...
[2] e corrispondentemente ricade anche sui produttori con meno risorse, che dovranno chiudere bottega.
[3] Questo chiarisce anche l'ipocrisia delle campagne di sensibilizzazione che accusano la droga di uccidere, quando il vero assassino è invece proprio la legislazione proibizionista.

24 September 2016

Sinnerman, Obama e Pierre Menard

 
È da circa una settimana, ormai, che noto un boom di accessi al mio blog (e quando parlo di boom intendo qualcosa come tre o quattro visitatori al giorno, tutti i giorni!).
L'approdo è un vecchio post di quasi 8 anni fa su una canzone di Nina Simone, Sinnerman; dev'essere successo qualcosa a riguardo, tipo una cover di un cantante famoso o un film che l'ha usata nella sua colonna sonora, ma la mia bolla di internet (e del mondo reale) mi ha tenuto all'oscuro della cosa. E verosimilmente, proprio perché non ha penetrato la mia bolla virtuale/reale, non dev'essere niente di importante — per me.
 
La probabilità che mi vergogni di un vecchio post, proprio in quanto vecchio, è molto alta; soprattutto dopo la mia svolta libertaria. Ora, in questo caso non parlerei proprio di vergogna, nonostante il carattere molto intimo di quel post; e sì, forse il motivo di rincrescimento si può far risalire proprio alla svolta libertaria. E insomma, in effetti c'è qualcosa che, a riscriverlo oggi, non avrei inserito, o avrei inserito in modo diverso: il finale. O almeno gli avrei dato un seguito, perché in effetti il punto è proprio che da allora ad oggi c'è stato, un seguito. Il punto è proprio che quando scrissi quel post Barak Obama si era appena insediato alla Casa Bianca, con tutto il carico di attese di quel Yes We Can, mentre oggi è agli sgoccioli del suo secondo ed ultimo mandato, con un bilancio complessivo lontano anni luce dalle aspettative di 8 anni fa.
 
E allora forse il finale sarebbe stato lo stesso, verbalmente, come il Chisciotte di Pierre Menard e quello di Cervantes: identico ma di significato completamente diverso.
Dopo l'oppressione, la schiavitù, l'ingiustizia, il dolore e i campi di cotone, l'elenco sarebbe proseguito comunque con la Casa Bianca.
Ma quale ambiguità, a riscriverlo oggi.
 

22 September 2016

I pericoli della società post-fattuale

 
Il Post riprende un lungo articolo dell'Economist, Yes, I’d lie to you, sul presunto recente dilagare di bufale e complottismi.
 
Ma non è ridicolo che nel discutere la questione della manipolazione della realtà e delle informazioni, si metta sullo stesso piano le teorie complottiste con le menzogne "ufficiali"che sono servite a giustificare guerre pesantissime in termini di vittime — e costi? Di più, si menzionano queste ultime nello spazio di una parentetica ("sì, è vero, ci hanno mentito anche in quel caso, però...") ma ci si dilunga nel resto dell'articolo a parlare delle altre frivolezze, arrivando a commentare che, ahinoi, queste cose senza internet probabilmente non sarebbero successe...
 

20 September 2016

Due considerazioni a margine del caso Apple/Irlanda/Europa

 
La prima vorrebbe essere una specie di presa di distanza dalla polarizzazione che ha assunto il dibattito sulla questione: non solo, ovviamente, dai difensori del cartello europeo per una tassazione uniforme, ma anche dai liberisti che a spada tratta prendono le incondizionate difese di Apple.
Da una parte abbiamo una mafia, quella statale, che taglieggia, con le tasse: e questo certamente è il male — il fulcro della coercizione, dell'ingiustizia, dell'immoralità. Ma dall'altra abbiamo qualcuno che, con quel male, cerca di fare affari. Domandarsi se sia più giusto restare sottomessi al giogo del tiranno o ipocritamente coalizzarsi con lui significa semplicemente prestarsi al suo gioco, significa — comunque — accettarlo e quindi restare invischiati qualsiasi delle due opzioni si scelga.
 
La seconda considerazione nasce dalla contraddizione stridente che emerge tentando di rispondere alla domanda: chi deve pagare (e perché) e a chi?
Lo fa in gran dettaglio qui tal Francesco Renne per noiseFromAmeriKa (Il caso Apple: la mela ed il paradiso (fiscale) perduto). Il controsenso è che lo Stato irlandese sarebbe contemporaneamente autore dell'illecito e beneficiario del risarcimento. A rigor di logica, infatti, il risarcimento — da che mondo è mondo — è da imputare all'autore dell'illecito, ma in questo caso i cittadini irlandesi sarebbero gravati da un danno doppio: il mancato incasso delle tasse e l'onere della sua restituzione.
L'origine della paradosso, ancora una volta, sta tutto nelle perversioni dell'istituzione statale, in cui viene spezzato ogni vincolo di responsabilità. Se infatti lasciamo da parte le antropomorfizzazioni retoriche delle astrazioni "Stato" o "Irlanda", ci rendiamo conto che i fatti di cui stiamo discutendo riguardano il rapporto non già fra i cittadini irlandesi ed Apple, ma fra Apple e alcune, poche, specifiche persone: i politici e i funzionari coinvolti nelle trattative sul regime fiscale da accordare all'azienda. In particolare i fatti riguardano la disponibilità — la discrezionaltà sull'impiego — che quelle persone ebbero di una certa quantità di denaro, e l'assurdo è precisamente che tali persone fossero del tutto e completamente estranee sia alla provenienza che alla destinazione di quel denaro: l'utile è stato prodotto dall'azienda e i beneficiari del gettito fiscale sarebbero stati i cittadini irlandesi nel loro complesso. Grazie poi all'abominio del diritto pubblico, succede pure che se determinate decisioni politiche vengono giudicate illegittime da un tribunale, non è possibile punire le persone che hanno legiferato illegittimamente, ma ci si deve limitare ad annullare quelle decisioni, con tutte le inevitabili conseguenze aberranti sulla certezza del diritto e la responsabilità personale.
 

18 September 2016

Una rondine non fa primavera...

 
...e due?
Due blogger d'annata, Weissbach e Scacciamennule, hanno ripreso a postare...
Facebook, il tuo monopolio delle conversazioni hai i giorni contati!
#credici #figurati #macisperiancora
 
PS: a proposito di conversazioni, non capisco come mai Disqus non mi si carichi su Scacciamennule: ho provato altri blog che lo usano e riesco a vedere regolarmente i commenti, ma non su Scacciamennule...
 

16 September 2016

The Strange Second Life of String Theory

Quest'ultimo articolo di Quanta Magazine, The Strange Second Life of String Theory, era nella lista di lettura, ma l'ultimo This Week’s Hype di Peter "not even wrong" Woit mi ha risparmiato la fatica.
 
 

13 September 2016

Teodicea (Dio e la presenza del male nel mondo), breve cronistoria

La parola problema può essere un'insidiosa petizione di principio. Parlare del problema ebraico è postulare che gli ebrei sono un problema; è vaticinare (e raccomandare) le persecuzioni, la spoliazione, l’assassinio, lo stupro e la lettura della prosa del dottor Rosenberg. Un altro demerito dei falsi problemi è quello di promuovere soluzioni anche esse false. A Plinio (Istoria naturale, lib. VIII) non basta osservare che i draghi assaliscono in estate gli elefanti: avventura l'ipotesi che lo facciano per berne il sangue che, come nessuno ignora, è freddissimo.
J. L. B.
I timori del dottor Americo Castro,
in Altre Inquisizioni
Kirbmarc aveva aperto un blog tutto suo, ma è ancora fermo al post di presentazione; forse, chissà, me lo sto perdendo su Facebook; ad ogni modo commenta altrove ed è sempre tutto da leggere.
L'ultimo mio avvistamento è da Fabristol, dove ci concede una squisita prospettiva storica di lungo periodo sulla teodicea, da quando il problema nemmeno si poneva (e non certo perché il male non esistesse) al come e perché la contraddizione emerge.
 

12 August 2016

L'anima /4

 
«Anche lei è un dottore della legge» egli disse titubante; «saprebbe forse spiegarmi che cosa vuol dire “un uomo che ha anima”?» [...] Poiché Ulrich non rispondeva, egli continuò. «Quando si dice “un’anima buona” s’intende una persona onesta, sincera, che fa il suo dovere; uno dei miei capiufficio è proprio così: ma infine si tratta di una qualità da inferiori! Oppure l’anima è una qualità delle donne: all’incirca come dire che piangono e arrossiscono più facilmente degli uomini...» [...] Meditò un poco. «Lei non è mai andato da un’indovina? Sanno leggere l’avvenire nella mano o in una ciocca di capelli, qualche volta in maniera stupefacente; è un dono o un trucco, non so. Ma può lei immaginare qualcosa di sensato quando un tale viene a raccontarle, per esempio, che i segni annunciano l’avvento di un’èra nuova in cui le nostre anime si vedranno quasi senza mediazione dei sensi? Aggiungo subito,» integrò in fretta, «che questo non va inteso soltanto letteralmente; oggi che siamo già nella fase di risveglio dell’anima, se lei non è buono, lo si riconosce molto più chiaramente che nei secoli passati! Lei ci crede?»
Con Tuzzi non si sapeva mai se il pungiglione era rivolto contro se stesso o contro l’interlocutore, e Ulrich a ogni buon conto rispose: «Al posto suo mi rimetterei alla prova sperimentale!»
«Non scherzi, mio caro; è sleale quando ci si trova al sicuro,» si lamentò Tuzzi. «Ma mia moglie pretende che io capisca sino in fondo simili massime, anche se poi non dovessi approvarle, e io sono obbligato a capitolare senza potermi difendere. Così in questo brutto frangente mi son ricordato che anche lei è un interprete delle Scritture...»
«Le due affermazioni sono di Maeterlinck, se non erro,» suggerì Ulrich.
«Ah sì? Di...? già, può essere. È quel...? Benissimo; forse è quello stesso che dice che la verità non esiste? Tranne per chi ama, egli dice. Se amo una creatura, devo immediatamente partecipare a una Verità misteriosa più profonda che quella d’ogni giorno. Invece se noi affermiamo qualcosa sulla base di una precisa osservazione e conoscenza dell’uomo, naturalmente sarà senza valore. Anche questo pare che l’abbia detto quel Mae... quel tale?»
«Davvero non saprei. Può darsi. Mi pare probabile.»
«Io m’ero fitto in capo che l’avesse detto Arnheim.»
«Arnheim ha preso molto da lui, e lui molto da altri; sono entrambi eclettici di notevole ingegno.»
«Davvero? Son cose vecchie, dunque? Allora mi spieghi, per l’amor di Dio, come si possono stampare oggi simili cose?» implorò Tuzzi. «Quando mia moglie mi dice: “L’intelligenza non dimostra nulla, i pensieri non giungono fino all’anima!” oppure: “Al di sopra dell’esattezza c’è un regno della saggezza e dell’amore, che le parole mediate possono soltanto profanare!”: io capisco come ciò accada; lei è una donna e in tal modo si difende contro la logica maschile! Ma un uomo come può fare simili affermazioni?» Tuzzi venne più vicino e posò una mano sul ginocchio di Ulrich: «La verità nuota come un pesce in un principio invisibile: appena la si tira fuori, ecco ch’è morta: lei che ne dice? Questo non si ricollega alla differenza fra erotismo e sessualità?»
Ulrich sorrise: «Vuole davvero che glielo dica?»
«Ardo dall’impazienza!»
«Non so come incominciare.»
«Lo vede! Fra uomini certe cose non si riesce a dirle. Se lei però avesse un’anima, adesso considererebbe e ammirerebbe semplicemente l’anima mia. Noi giungeremmo a un’altezza dove non vi sono né pensieri, né parole, né azioni, bensì forze misteriose e un silenzio sconvolgente. A un’anima è permesso fumare?» egli domandò e si accese una sigaretta;
[...]
E ascoltava Ulrich che gli diceva: «Vorrei suggerirle di riflettere a quanto segue. In noi s’alterna di solito un afflusso e deflusso della vita vissuta. Le commozioni che si formano in noi sono suscitate dall’esterno e tornano a uscire sotto forma di azioni o parole. Se lo può immaginare come un gioco meccanico. E poi supponga un guasto: non crede che vi sarà un ristagno? Un’uscita dagli argini? In certe condizioni potrebbe anche essere soltanto un gonfiore...»
«Lei almeno parla ragionevolmente, anche se sono assurdità,» commentò Tuzzi in tono elogiativo. Non aveva capito subito che lì stava davvero sbocciando una spiegazione, ma serbò il proprio contegno dignitoso e mentre di dentro si perdeva nell’angoscia, sulle sue labbra il piccolo sorriso maligno era rimasto lì così fiero che egli ben poteva tornare a rintanarsi nella sua perplessità.
«Se ben ricordo, a detta dei fisiologi,» continuò Ulrich, «ciò che noi chiamiamo azione cosciente consegue del fatto che lo stimolo, per così dire, non affluisce e defluisce semplicemente attraverso un arco riflesso, bensì è costretto a fare un giro; e allora il mondo che noi sperimentiamo e il mondo in cui agiamo, sebbene ci sembrino la stessa identica cosa, somigliano in realtà alle acque di afflusso e di deflusso in una roggia di mulino, collegate da una sorta di “stagno della coscienza” dalla cui altezza e vigore dipende la regolamentazione appunto del flusso e del deflusso. O in altre parole: se a uno dei due capi si verifica un guasto, un disgusto del mondo o una ripugnanza all’azione, non si potrebbe ragionevolmente supporre che in tal modo si formi anche una seconda coscienza, superiore, più alta? O lei crede di no?»
«Io?» esclamò Tuzzi. «Be’, devo dire che mi par proprio indifferente. I signori professori si risolvano pure il problema fra di loro, se lo reputano importante. Ma sotto l’aspetto pratico...» egli schiacciò penosamente la sigaretta nel portacenere e poi alzò gli occhi irritato, «sono gli uomini con due ingorghi o quelli con uno solo che definiscono il mondo?»
«Credevo che lei desiderasse sapere da me come mi figuro la genesi di simili pensieri.»
«Se per caso lei me l’ha detto, confesso che purtroppo non l’ho capito,» rispose Tuzzi.
«Ma è semplicissimo: lei non possiede il secondo ingorgo, dunque non possiede il principio della saggezza e non capisce una parola di quel che dicono gli uomini che posseggono un’anima. E allora non mi resta che congratularmi con lei!»
[...]
«Tutte le frasi che lei mi ha citato sono naturalmente delle allegorie,» riprese Ulrich dopo quell’interruzione, [...] «Una specie di linguaggio delle farfalle! E la gente come Arnheim mi fa l’impressione di trincare quel nettare quasi etereo a crepapancia. Cioè [...] è proprio lui, Arnheim, che mi fa quest’impressione, come pure quella ch’egli porti la sua anima nella tasca interna della giacca come un portafogli!»
 
Robert Musil, L’uomo senza qualità, parte terza, capitolo 16
 
 

05 August 2016

Flora di Ediacara

Ediacaran... fauna o flora?
Ediacaran... fauna o flora?
 
Ho sempre sentito usare l'espressione fauna di Ediacara (nome divenuto mitologico, allucinogeno, dopo La vita meravigliosa di S. J. Gould), ma a quanto pare si tratterebbe — principalmente — di flora?  
 
 
(In effetti la voce su en.wiki si riferisce al biota, ma nel testo si parla spesso di fauna e mai di flora...)
 

01 August 2016

Rifiutare di ospitare i giochi olimpici

 
Che poi in realtà il punto non è tanto dimostrare che ospitare le olimpiadi finirà in attivo o in passivo, se sarà o meno un affare: il punto è per chi sarà un affare. Perché se un imprenditore, o un consorzio di imprenditori, fa le sue previsioni e decide che potrebbe guadagnarci, può benissimo valutare di fare un investimento e pagare di tasca sua i costi per ospitare le olimpiadi: se va bene e ci guadagna, buon per lui; se va male e sono soldi buttati, erano comunque soldi suoi.
Il problema è fare pagare il conto ai contribuenti per far guadagnare i commercianti. Questo è eticamente e moralmente sbagliato, prima ancora che economicamente.

21 July 2016

Yet another step towards the nightmare scenario

In attesa di un commento di Jester@Resonaances, Peter "Not Even Wrong" Woit ci aggiorna sui risultati annunciati oggi dall'esperimento LUX (see here, press release here) alla ricerca di segnali di WIMP (Weakly Interacting Massive Particle) — spoiler: nightmare scenario.
In chiusura linka un articolo della Simons Foundation a proposito di questo esperimento, PTOLEMY, che con un calorimetro criogenico dovrebbe misurare il fondo cosmico di neutrini. L'articolo è dell'anno scorso, ma cercando in rete pare che la caccia dovrebbe cominciare proprio quest'estate — cioè adesso — anche se i risultati non sono attesi che per il 2017.